domenica 26 dicembre 2010
Dalla California alla Sicilia - volo diretto della Venere di Morgantina
Nel Paul Getty Museum di Malibù sono già iniziate le operazioni per il trasferimento della statua che, dopo essere stata esposta per trent’anni come il più splendido trofeo della struttura museale californiana, è stata presa ufficialmente in consegna dall’assessore regionale per i BB. CC. e l’Identità Siciliana, Sebastiano Missineo. La dea non farà tappe intermedie, con buona pace degli scettici di professione e di quanti si erano impegnati in una nobile gara di solidarietà, per sollevare il Comune di Aidone dagli oneri organizzativi dell’accoglienza e dell’ospitalità. Il luogo di provenienza, come è già avvenuto per il rientro degli acroliti (il cui sorriso, in questi giorni, più che di mistero sembra di olimpico compiacimento) e del tesoro di Eupòlemos, attiverà tutte le proprie risorse per far fronte all’evento. la Soprintendenza per i BB. CC. AA. di Enna, il Parco Archeologico di Morgantina e delle Aree archeologiche di Aidone e dei comuni limitrofi, coinvolgendo associazioni e realtà locali, perché l’evento non si esaurisca nel rientro di una prestigiosa opera d’arte ma sia anche l’occasione per il rilancio turistico ed economico di un territorio che riscopre e rafforza la propria identità culturale. Ma la dea che ritorna è Venere o Demètra? I documenti di imbarco non lo certificano con sicurezza. E’ certo che si tratta di uno splendido originale di scultura greca classica, di scuola fidiaca, della fine del V° secolo (420-410 a.C.). Pertanto, circa la sua identità, a beneficio dei lettori, si possono citare, in sintesi, le due teorie più accreditate. La prima è quella del prof. Clemente Marconi che, date le circostanze “nebulose” del ritrovamento e in assenza di attributi peculiari, che costituiscono elementi essenziali per stabilire l’identità di tante divinità femminili della scultura della seconda metà del V° secolo, propone l’identificazione con Afrodite, sulla base di un’analisi dettagliata del corpo in calcare, del costume e del confronto con una statua, identificata come Afrodite dall’agorà di Atene, anch’essa vestita di chitone ed himation, a differenza di Demètra che, nella scultura di età classica, veste il peplo. La seconda ipotesi, avanzata dall’archeologa Caterina Greco, fa riferimento ad un articolo di Antonio Giuliano dal titolo Signum Cereris, uscito nel 1993, che sostiene l’identificazione con l’immagine di Demètra, partendo dalla lettura di un passo delle Verrine di Cicerone, nel quale è descritto il famoso santuario di Demètra ad Enna, dinanzi al quale, in luogo aperto e spazioso, era posto “simulacrum Cereris e marmore pulcherrimum ac peramplum” (una statua in marmo di Cerere, bellissima e molto grande), tanto che neppure Verre riuscì a rubarla. Sulla base della testimonianza ciceroniana, il Giuliano ritenne che la scultura del Paul Getty fosse una replica, pressoché coeva, di questa statua, di cui resta pallida traccia nell’immagine riprodotta su alcune monete di bronzo, coniate ad Enna in età ellenistica. La Greco accoglie la teoria di Antonio Giuliano e, attraverso un’analisi iconografica comparata con sculture di divinità femminili dello stesso periodo, perviene all’ipotesi che nella statua sia da riconoscere Demètra, anche se “il suo autore ha innovato profondamente la tradizione iconografica relativa alla dea eleusina”, che, come viene cantata nell’inno omerico, a lei dedicato, avanza “tumultuosa” nello spazio e lo riempie della sua sola presenza. In ogni caso, quale che sia la vera identità della scultura, oggetto di futuri convegni e di dotte e accademiche dispute tra studiosi, si può essere, comunque, certi che la forza del suo appeal rimarrà intatta agli occhi dei visitatori, che godranno per la prima volta dell’epifania della dea.
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